Bruno Tognolini
RIME ALFABETE
Illustrazioni di Sara Vivan



Un libro anfibio, con due edizioni, che vola a scuola e nuota in libreria
Edizione per le librerie:

ADRIANO SALANI EDITORE, marzo 2022
Cartonato 13,7 x 20,5 cm, 96 pag. bianco e nero, € 12,00


Edizione per la scolastica:

RIZZOLI EDUCATION, febbraio 2022
Cartonato, 21,5 x 23,5 cm, 50 pag.colori, € 00 (è parte di un kit scolastico)




Premio di poesia per l'infanzia Pierluigi Capello, Pordenonelegge, 25 settembre 2022


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Ventuno lettere per te, ventunomila
   Perché adesso tocca a te metterle in fila
      In ventunomila modi e anche di più
         Perché ora il mondo lo potrai scrivere tu



Questo è un libro anfibio,
che vive e si riproduce in due habitat:
nelle librerie, dove lo trova solo chi ci va;
e nelle scuole, fra i libri di testo per tutti,
infilato in un "kit adozionale":
ma separato, per conto suo.

Così, fra tanti altri scopi augurati,
almeno uno di certo accadrà:
tanti bambini che non vanno in libreria,
e vedono solo libri ammaestrati di scuola,
per una volta avranno in mano un libro selvatico.

Non per dire che siano meglio gli uni o gli altri,
ma che è bello forse averli tutti e due.
Indice

  • Copertina 'spianata' Salani
  • Copertina 'spianata' Rizzoli Education


  • Racconti dell'autore
  • Un libro anfibio per scuola e libreria
  • Queste non sono filastrocche didattiche
  • Come son nate le Rime Alfabete
  • Scuola e poesia si rimescolano a turno
  • Ma vanno bene per i piccolini?
  • Divergenze divertenti fra i due libri

  • Cinque assaggi delle tavole
  • A    B    C    D    Z







  • La copertina 'spianata' dell'edizione Salani, in libreria




    All'indice


    ... e dell'edizione Rizzoli Edu nelle scuole




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    RACCONTI DELL'AUTORE


    Un libro anfibio per scuole e librerie
    Rime Alfabete è un libro strano, forse un mutante. Nasce con due editori e due edizioni: Salani per la varia, e andrà solo nelle librerie, per tutti i lettori; e Rizzoli Education per la scolastica, e andrà solo nelle scuole, nei "kit adozionali" per scolari e maestre.

    I due libri hanno gli stessi contenuti: gli stessi identici versi miei (tranne poche eccezioni di cui parlerò) e le stesse illustrazioni di Sara Vivan (ma per Salani in bianco e nero e per Rizzoli colorate).

    Questa inaudita vicenda editoriale è frutto della scommessa, nata da Rizzoli e condivisa da Salani, di offrire alle scuole poesia in una forma nuova, ovvero antica: un libro. Non filastrocche didattiche scritte dalla redazione sui testi scolastici per memorizzare questo e quello; non "vere poesie" scritte da poeti su altri libri, e poi inserite nei libri di scuola con apparati operativi vari, e spesso cambiando titoli e punteggiature (quando non peggio): ma un vero libro di poesie filastrocche, con versi e figure "d'autore", offerto insieme ai libri scolastici ma separato, per conto suo. Insomma, un libro: come quelli che si comprano in libreria.

    Così fra l'altro finirà in mano, grandissima cosa, a quei bambini che in libreria non vanno mai: cioè, ahimè, quasi tutti.
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    Queste non sono filastrocche didattiche

    Le Rime Alfabete non sono filastrocche didattiche. Sono poesie-filastrocche che parlano di didattica: è un'altra cosa.

    Le mie filastrocche parlano sempre di qualcosa. Non sono abbastanza bravo per fare rime che parlano di niente, cioè di tutto, come i bambini a volte fanno nelle loro rime POLPA (quando per esempio scandiscono "Etica pelètica-pelèm-plèm-plètica | Pelato peluto pelèm-plèm-pluto"). Forse a mio modo ci sto lavorando, ma la meta è lontana e fino allora in rima parlo di qualcosa: dei mutamenti, dell'olio, dei figli Casomai, delle maestre, degli animali, degli sposi e di oltre duecento altre cose. Questa volta le rime parlano della scuola. E fra le tante anime e carne e ossa della scuola, di cui spesso con le rime ho già parlato, stavolta dicono e cantano di didattica.

    Ma non sono didattiche. Non "servono" a imparare l'alfabeto. Quello lo fanno le maestre, che hanno quella loro incredibile maestria, diversa dalla mia. Io posso fare altro: la poesia. E la poesia non serve, però fa. E cosa fa? Cosa fa per l'alfabeto?

    Quello che fa la poesia: qualcos'altro. Diverge, diverte. La mente che guarda e considera l'olio, gli animali, gli sposi, le lettere dell'alfabeto, di colpo zac: incappa in un bivio, un inciampo, un vento ascendente e sbanda, diverge, diverte, si fa un voletto altrove. Da dove si vede magari anche l'olio, gli animali, l'alfabeto, ma dall'alto, o di fianco, o più in là. E le cose da là appaiono diverse, e ci si diverte.

    E la mente che si diverte fa un saltello, si muove e sta bene, è contenta. Come facciamo noi quando ci stiracchiamo, o facciamo tap tap con le dita, o dondoliamo un po' per non star fermi, e quell'inutile movimento ci fa star bene: il corpo contento si sfoga, riposa, e poi è pronto a far di nuovo cose che servono. Così anche a scuola la mente divertita poi è pronta a imparare le cose, chissà, con più vispo respiro.

    La poesia è sempre entrata nelle scuole. Ma non ci deve entrare per servire, per esempio a imparare: altrimenti la si prende per servetta, le si manca di rispetto e questo non porta bene né a lei né a noi. E anche le filastrocche didattiche sono sempre esistite, e per fortuna: sono utili e dignitose, funzionali al loro scopo, che è mnemonico e pratico. Io stesso ricordo quali mesi hanno trenta giorni e quali trentuno solo con quella antica filastrocca. Ma la poesia fa un altro lavoro, è un'altra cosa.

    Anche il bagnetto in vasca è utile e divertente. Si gioca e si gioisce con le cose che galleggiano nell'acqua e con l'acqua in persona: e intanto senza saperlo ci si lava. Ma poi i bambini al mare, col sole leone e gli spruzzi diamanti, vivranno un'altra più larga e più antica umana vicenda.
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    Come son nate le Rime Alfabete

    Un libro nato in un insolito contesto editoriale, non può che avere per racconto delle origini una vivace vicenda editoriale. Che alla curiosità dei lettori, ignari in genere di questi retroscena, stavolta con dovizia narrerò.
    Prima delle Rime Alfabete sono nate le Rime Scolare, che però arriveranno dopo, nel 2023 con Salani. Avevo iniziato a scriverle alla fine del 2019, con l'intento che già un ipotizzato sottotitolo proclama: "Rime Scolare. Per rimescolare scuola e poesia". Nei mesi della Prima Reclusione, spinto da quell'intenzione – e dal cimento gaglioffo di poter poetare di tutto, perfino di didattica generale – avevo preso in mano le famigerate "schede operative" delle edizioni scolastiche: un grosso cofano rosso, terza primaria, sezione italiano. Leggevo, studiavo le schede, prendevo appunti, tiravo fuori quelle che mi apparivano più spugnose, più permeabili alla poesia. E poi scrivevo, cercando di espugnarle con le rime, di inzupparle a spugnature di poesia Mi sono molto divertito, devo dire, però qui mi fermo: ne parlerò il prossimo anno, su queste pagine, quando uscirà quel libro.

    Dopo un anno di interruzioni e intromissioni di altre opere, nel gennaio del 2021 avevo pronte ventiquattro Rime Scolare lunghe e corpose, che già Salani conosceva e ghiotta attendeva. Puntavo a chiuderle almeno a trenta e consegnare, quando arrivò una telefonata di Mauro Traversa, responsabile della redazione scuola primaria di Rizzoli Education. Avevamo ben legato, il maggio dell'anno prima, in una serie di tre incontri di formazione online promossi dalla sua casa editrice, affollatissimi di maestre. Ora aveva da squadernarmi un nuovo progetto, forse visionario: accompagnare con un albo illustrato di poesie filastrocche di argomento didattico un kit di libri scolastici per la prima primaria. E mi illustrava l'intenzione sottostante: la poesia che fa il suo ingresso nelle scuole non ritagliata e incollata in testi scolastici, ma in un libro a parte, associato sì a un "kit adozionale", ma senza apparati e appendici operative: rime e figure, e basta. Accanto al libro di scuola, un vero libro di poesia, come quelli che si comprano in libreria. E fra i temi in programma per il kit del prossimo anno, a suo giudizio, uno era perfetto per me: l'Alfabeto

    Lì è partita la mia contraerea, schivata con abilità, con contromosse temerarie e generose, e per quattro volte vincenti, da Mauro Traversa.

    Prima obiezione. Io non sarei capace. Non potrei, non vorrei e nemmeno saprei scrivere rime servette, che servono a imparare l'alfabeto. Colpo facile da schivare per l'editore: tu non devi affatto scrivere rime servette; tu scrivi rime come le sai scrivere tu, e quelle andranno benissimo.

    Seconda obiezione. Bene, allora non rime servette: poesie filastrocche sull'alfabeto, come le faccio io. Ma a scuola non servirebbero. Sarebbero troppo poetiche per la bisogna, poco didattiche, ortografiche, curricolari. Le poesie filastrocche son fragili, vanno protette. Nella classe le maestre son forti, le farebbero servire alla bisogna, finirebbero servette in ogni caso. Secondo guizzo dell'editore, abile, sacrosanto e micidiale: abbiamo detto tutti per anni e anni che nella scolastica c'è poca bellezza. E allora ecco: mettiamocela! (Sottotesto: quando si apre la breccia per portarcela, i poeti si ritraggono impauriti? Fanno i sofistici, gli schizzinosi?)

    Terza obiezione. Ma io non scrivo mai per la scolastica. Io voglio scrivere per i lettori volontari, quelli che vogliono leggere proprio quel libro, e lo cercano in libreria. Per questo scrivo solo per la varia. E Mauro Traversa: e che problema c'è? Lo facciamo uscire in due edizioni, una legata al kit adozionale, per le scuole, e una di varia, in libreria, per tutti.

    Quarta obiezione, ultimo tiro di contraerea, per me definitivo, che chiude il discorso: non posso. Sto già scrivendo un libro molto simile per Salani, intitolato addirittura Rime Scolare. Sarebbe concorrenza sleale, rottura di un patto antico di lealtà col mio editore più antico. Ed ecco la schivata definitiva, con virata inaudita, al limite della tenuta delle ali, del caccia editore: e che problema c'è? Lo fa Salani.

    Come "lo fa Salani"? Rizzoli concede un libro, lo stesso suo libro, a un altro editore? – Sì, perché no? In due mercati diversi. – Ah. Quattro a zero, colpito e affondato. Al lavoro.

    Per ragioni di cicli stagionali dell'editoria scolastica, di tempi d'uscita, prenotazioni dei "kit adozionali" e altri timing complessi, pareva consigliabile che io scrivessi Rime Alfabete prima di chiudere Rime Scolare. Salani, mio primo editore, mi fa scudo: a te la scelta, decidi serenamente. Ma Rizzoli, serenamente, fa notare: il kit con il libro d'autore sull'alfabeto, per marmorei piani aziendali, deve uscire il prossimo anno. Se non lo fa Tognolini… E allora io serenamente scelgo. Va bene, metto da parte le Scolare, aspetteranno un anno, e sotto con le Alfabete.
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    Scuola e poesia si rimescolano a turno

    Ed eccole qua, che anticipano titolo e motto del libro che seguirà: rimescolare scuola e poesia. E come si rimescolano scuola e poesia? Come i bambini che giocano: a turno. Nessuna delle due deve far la prepotente, nessuna deve cercare di vincere sempre, o non ci sarà più nessun "rimescolare". Faranno a turno: un po' a te e un po' a me. Ecco due esempi di questo gioco a turno.

    Esempio uno, vince la scuola.
    La Rima Alfabeta della H, umilmente, dice:
    Parola giro, arrivo io e diventa ghiro
    Parola Cina, arrivo io e diventa china
    E fin qui tutto normale, la rima "serve", fa il suo servizio contenta. Le maestre sapranno bene come farglielo fare. Ma poi pochi versi sotto dice ancora:
    La bella A diventa Ha, diventa Ah!
    La tonda O diventa Ho, diventa Oh!
    Qui il gioco e il lavoro si fanno più difficili, forse impossibili per una prima primaria: le maestre lo sapranno, e si fermeranno su questi versi poco, o molto o niente secondo la loro maestria. Però è già un po' più divertente, no? Che differenza c'è fra "Ah!" e "Oh!"?

    Esempio due, vince la poesia.
    La Rima Alfabeta della F a un certo punto dice:
    Sotto un bel sole fanfarone fannullone
    Che fa e farfuglia chissà cosa alle farfalle
    La scuola può far cercare e cerchiare col rosso tutte le Effe. Ma poi un bambino forse chiede: "Maestra, ma cosa vuol dire farfuglia?", e magari una bambina: "E cosa vuol dire fanfarone?". Possibile obiezione: sono versi difficili per la prima primaria, ci son parole che i bambini non conoscono. Risposta: non è forse la scuola il posto dove scoprirle?

    E allora fermi tutti: piccola anticipazione – anche se nel programma verrebbero dopo, magari in terza – sui verbi onomatopeici. Farfugliare, sussurrare, mormorare, borbottare. Quanto lunga e approfondita potrà essere, in prima primaria, questa escursione avanti, ogni maestra nella sua maestria lo saprà. E lo stesso per il "fanfarone": cos'è la fanfara?

    Ma intanto la poesia fa il suo lavoro, vecchia talpa nascosta. Non è vero che il sole in certe mattine di maggio è un bel fanfarone? E cosa mai andrà farfugliando alle farfalle? Cerchiate pure le effe di rosso, va bene. Ma la mente fa un saltino divertente là fuori, in mattine luminose e scenette campagnole misteriose ("cosa farfuglia?"), e qualcosa di belle visioni di sole e farfalle attaccato alla lettera Effe forse resterà.

    E poi ancora.
    Sempre nella prima Rima Alfabeta, la A. c'è un verso che dice:

    è la vocale che tu fai quando hai capito Una volta ho letto in classe questa rima. Non chiedo mai "cosa vuol dire" un poesia, o un suo passaggio, ma qui l'eccezione è premeditata. Alla fine ho chiesto: secondo voi cosa vuol dire "è la vocale che tu fai quando hai capito?" Sette secondi di silenzio, poi un bambino all'ultimo banco si illumina: "Ahhh!"... Appunto, quello.
    Si illumina perché la poesia sposta, depista, diverge e diverte: in questo caso dalla mente al corpo; e dal corpo alla mente; e dalla mente al corpo, in vertigine. Il corpo con la voce fa quello che la mente comprende, e la mente comprende quello che la voce fa... Un bel voletto di poesia corporea.

    E così avanti, per tutte le ventuno Rime Alfabete. I lettori si divertiranno a scovare da soli quando e dove vince scuola o vince poesia, e quando magari con bella pace, e forse bell'effetto per "l'apprendimento", fanno uno a uno.

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    Ma vanno bene per i piccolini?

    Le Rime Alfabete venivano lette, man mano che consegnavo, dalle redazioni dei due editori. La redazione Salani era solo e del tutto entusiasta. Nulla c'era da cambiare: per il libro in libreria, andavano bene. La redazione Rizzoli, con le sue supermaestre esperte didattiche, con mia grande sorpresa, lo stesso. "Va bene tutto. Sono bellissime". Ma come è possibile? In effetti, io ero più preoccupato di loro.
    Non conviene nemmeno sfiorare, qui in queste righe, il tema dolente delle anguste ortopediche "fasce d'età" nell'editoria per bambini, o queste righe diventeranno centinaia. Ma qualche dubbio, scrivendo, mi veniva: saranno "adatte" queste Rime Alfabete ai piccolini di prima primaria? Di cinque e sei anni?

    La risposta mia più onesta in questi casi, quando cado nelle buche di questi dubbi, dopo trent'anni di libri pubblicati è: non lo so. Io so solo cercare di scriverle meglio che posso, quelle rime: poi a incontrare i lettori, e di che età e con chi e dove e come, ci penseranno loro. Però una cosa la so. Salani dichiara di aver venduto in trent'anni ormai oltre centomila libri miei; e dai miei conti, approssimati per difetto, con quelli degli altri editori i libri in giro sono trecentomila. A quanto pare i loro lettori – bambini e grandi, bambini piccoli e bambini grandi, bambini con grandi, grandi senza bambini, bambini senza grandi – in questi anni li hanno raggiunti.

    Quindi, se le supermaestre Rizzoli Edu dicono che per i piccolini di prima queste Rime Alfabete vanno bene, allora evviva: vanno bene. Tranne...
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    Divergenze divertenti fra i due libri

    Faccio qui da me stesso e da vivo il lavoro di cerca e di scavo che per i poeti maggiori fanno critici e storici, spesso post mortem. Svelo da me alcune eloquenti e divertenti divergenze fra le due edizioni simultanee di questo libro.

    Avevo finito e consegnato le ventuno filastrocche. Le redazioni dei due editori leggevano e discutevano. Dalla redazione scolastica Rizzoli, mediate con circospezione da Mauro Traversa, cominciano ad arrivare poche chirurgiche richieste di variazioni.


    Ala del Suono: se sono l'A non sono qua

    Alcune di queste richieste, fra le famose Tre Ali della filastrocca, riguardano l'Ala del Suono. Come quella che investe le prime parole del primo verso della prima Rima Alfabeta, la A.
    Io sono l'A, io sono qua, sono la prima Il gioco dell'Ala del Suono, che sdoppia e sovrappone malignamente le due locuzioni "l'A" e "là" – l'ho subito ammesso: è quasi di certo fuori dalla capacità di "lettoscrittura" di una classe prima primaria. Ma non della libreria! è un trucco che può godersi chi legge, e pure bene; non chi sente leggere. E in libreria il libro sarà, come molti dei miei, per tutte le età. La redazione Salani infatti, interrogata, dice che a loro quel primo verso va benissimo. Mi sorride allora l'idea di una scelta al tempo stesso sincera e malandrina, che scioglie subito il possibile dilemma: correggere o no? Propongo e ottengo, in questa e nelle altre poche occasioni che ora presenterò, di uscire con due libri quasi identici, diversi per pochissimi dettagli, da gioco enigmistico "trova le differenze". E questo è il primo. Nell'edizione Salani in libreria il verso è come sopra. Nell'edizione Rizzoli nelle scuole il verso diventa:
    Io sono l'A, io sono qua, sono la prima E giustamente, "per uniformare", come dicono gli editor, anche nelle altre due occorrenze della locuzione nel corso del brano, "Io sono l'A" diventa "Io sono A".


    Ala del Sesnso: Elle libidinosa

    Poi avanti. E stavolta, delle Tre Ali, una doppia richiesta di variazioni riguarda l'Ala del Senso: la problematica lingua della Elle. La Elle è una lettera liquida, e languida e libidinosa. E che dobbiamo fare? è la sua natura. Due passaggi nella filastrocca sono suonati alla redazione scolastica pericolosi.
    Il secondo verso:
    Io sono liquida, son languida, son lenta E l'ultimo distico:
    E la sua Elle lecca lenta la tua mano
    è latte molle sulla lingua di un gattino
    Io non ricordo le parole esatte con cui Mauro Traversa, ambasciatore che non porta pena, mi riportava la perplessità della sua redazione, anche perché erano tutte "verbs volant" per telefono, e non rimane traccia scritta documentale. Ma il senso era chiaro: le maestre che adottano il kit, e leggono il libro, potevano trovarsi in imbarazzo, in difficoltà, di fronte alla carica erotica dell'aggettivo languida e della lingua molle del gattino. Imbarazzo con chi? Coi loro bambini di sei anni? Coi genitori di quei bambini? Con se stesse?

    Bene. Se lo son stato in anni passati, ora da un pezzo, con la vecchiaia, non sono più uno sdegnoso scandalizzato fustigatore di presunte ipocrisie, perbenismi, benpensantismi, pruriginosi puritanesimi delle maestre, dei genitori o di chicchessia. Inutile e sciocco indignarsi, irrigidirsi, ergersi. Le maestre hanno la loro maestria, da rispettare come la mia. E per dirne una, solo loro sanno, ma anche noi oramai indoviniamo, che fronte rovente e rognoso sia quello con le famiglie, coi petulanti permalosi genitori. Inutile e vano star lì a discettare se la malizia stia nelle parole, nelle orecchie dei bambini che ascoltano, negli occhi dei genitori che leggono, o nelle paure delle maestre che prevedono guai. Se il problema mi è stato indicato, la miglior cosa che posso fare è provare a darmi da fare per risolverlo. Se ci riesco…

    E quando, e come ci riesco? Quando la correzione del passo rischioso, che a me appare bello, porta a una soluzione di bellezza non minore, e però innocua. E detto fatto. Mi dispiaceva molto, devo dire, rinunciare all'aggettivo "languida", che è sonoro, sensuale e stupendo. Ma gira e ruota le parole nella rima, ecco saltarne fuori una sorella, bella, trisillaba, liquida, sdrucciola, perfetta: "languida" diventa "limpida".
    Io sono liquida, son limpida, son lenta Per l'Ala del Suono è anche meglio: "limpida" è perfettamente assonante con "liquida", due i e una A, perfettamente omovocalica, sorella gemella. E per l'Ala del Senso? Per quella è sorella diversa, che dice altre cose, ma belle anche quelle, e bella anche lei.

    Quindi fatto: per il gioco "trova le differenze", nell'edizione in libreria la Elle è liquida e languida: nelle scuole è liquida e limpida. La Elle, me l'ha assicurato, è contenta lo stesso.

    Ma non finisce lì: quella poesia era proprio galeotta. Anche il distico "E la sua Elle lecca lenta la tua mano | è latte molle sulla lingua di un gattino" suonava ad alto rischio. Non è difficile immaginare per che cosa. Allora bene, al lavoro anche lì. Io non volevo cambiare il primo dei due versi, dove la lingua della Elle riprende e chiude il leccare, già tollerato due volte nelle prima quartina (ma una delle due è un "lecca-lecca", e censurare anche quello sarebbe stato atto di cancel culture puerile troppo estremo). Non volevo cambiare quel verso: la sua sequenza sonora, fitta di allitterazioni e omofonie (E la-sua | Elle | lecca | lenta | la-tua | mano), era per me imperdibile. Allora, per attenuare, bonificare la libido della lingua che lecca una mano, ho sacrificato l'ultimo verso, che diventa così:
    E la sua Elle lecca lenta la tua mano
    Come la lingua del tuo cagnolino
    Mauro Traversa è stato entusiasta, l'ha trovato geniale. La lingua del cagnetto sulla mano è esperienza comune agli umani dai primi primordi, e suona casta e innocente agli orecchi più ostili. Peccato per il "latte molle", che era una bella sinestesia, ma pazienza, non si può salvare tutto.

    Ed ecco la variante, cani e gatti: nelle librerie per tutti il gattino, a scuola il cagnolino. Si è visto molto di peggio, e io sono grato alla mano leggera della redazione Rizzoli: proviamo così, incrociamo le dita e speriamo che i genitori siano sereni. E dormano le associazioni di sentinelle.

    Forse c'è ancora qualche altra minima variante, ma io non la ricordo. Al lettore zelante il gioco enigmistico di individuarla. Questi due libri sono gemelli, piccoli nei per distinguerli saranno utili e belli.
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    CINQUE ASSAGGI

    Cinque tavole di Rime Alfabete, nelle loro due edizioni: Salani per le librerie (in bianco e nero, ma con una tavola in più a capolettera di ogni rima) e Rizzoli per le scuole (a colori e di formato più grande).

    Nel metterle qui online si raccomandano, l'autore e i suoi editori, che chi li copia e incolla, e porta a casa o a scuola, in un gesto di gentilezza e correttezza si ricordi di citare sempre il libro e l'editore, scrivendo sotto la rima una riga così:

    Dal libro " RIME ALFABETE" di Bruno Tognolini, illustrazioni di Sara Vivan, edizione Salani (oppure Rizzoli Education).



    La A prima Alfabeta
    Io sono l'A, io sono qua, sono la prima
    L'aria d'aprile fresca fresca dell'inizio
    Io sono l'alba, dico A, apro la rima
    E allora arrivano le cose a precipizio

    Io sono l'A, io sono l'acqua da bambina
    Sono l'amore, sono l'ape, l'appetito
    Sono il tuo alito che succhia la mentina
    Son la vocale che tu fai quando hai capito

    Io sono l'arco, sono l'arpa, sono l'arte
    La prima cosa della tua prima mattina
    Tu quando nasci dici A gridando forte
    Sembra una E perché la bocca è piccolina

    Io sono l'A, ma sono qua e sono bianca
    Sono la prima lettera Alfabeta
    Quando di essere la prima sono stanca
    Vado a giocare a primo e ultimo con Zeta


    Edizione Salani




    Edizione Rizzoli Edu


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    La B buffa e sonora
    Io sono Bi, e sono qui, sono la bocca
    Son la tua bocca quando bacia e quando beve
    Io sono il suono ba-ba-ba di filastrocca
    Quando le bocche dei poeti sono brave

    Fanno babà, fanno babbeo, fanno babbuccia
    Con babbo sole che borbotta sopra il mondo
    E con la bocca del bebè che beve e ciuccia
    Il biberone della vita fino in fondo

    E babbasone, e babbaleo, e babbuino
    E ba-ba-ba… Ma tu non hai altro da dire?
    Io parlo questa babalingua da bambino
    La lingua antica che tu non puoi più capire

    Sono così, sono la Bi, sono un boccone
    Io sono bella ballerina e brutta bestia
    Nell'alfabeto son la lettera buffone
    Se non va bene dammi un bacio e dimmi basta


    Edizione Salani




    Edizione Rizzoli Edu


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    La C molto didattica
    Noi siamo Ci, sorelle Ci, il duro e il dolce
    Siamo una lettera con due suoni diversi
    Noi siamo uguali per la forma fatta a falce
    Siamo diverse nella bocca che fa versi

    Perché se dici dolce Ci, io sono cigno
    Però se dici dura Ci, io sono corvo
    E io, se dici dura Ci, sono coniglio
    Però se dici dolce Ci, io sono cervo

    Diciamo ciuccia il pasticcino, cicci cocco
    E poi diciamo cicciobello coccolato
    E chicchi d'uva e ciliegino ed albicocco
    E poi diciamo coccodrillo e cioccolato

    Noi siamo C e siamo dure come un cubo
    Però anche tonde come corna della vacca
    Se siamo ancora buone siamo cibo
    Se non siamo più buone siamo cacca


    Edizione Salani




    Edizione Rizzoli Edu


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    La D molto corporea
    Io sono Di, io sono qui, io sono il dire
    Io devo dire e dunque spingo dietro il dente
    Son la linguetta che si affaccia senza uscire
    Poi torna indietro dispettosa e divertente

    Potresti dire Emme o Enne per mezzora
    Ma non puoi dire una lunga lunga Di
    Io dico Di poi scappo via, ma torno ancora
    Di lunedì, di martedì, di giovedì

    Questo giocattolo è di Marco, non di Anna
    Questo giocattolo è di Anna, non di Betti
    Ma io non sono né il giocattolo né Anna
    Io sto nel mezzo, sono Di, sono di tutti

    Io suono i denti, suono dolce, suono forte
    Suono da dire duro duro come spillo
    Tu lo puoi dire solo con le labbra aperte
    Se tu ci riesci a bocca chiusa allora dillo


    Edizione Salani




    Edizione Rizzoli Edu


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    La Z non finisce
    Io sono Zeta, e sono zero, e sono zitta
    L'ultima lettera alla fine della via
    Ma non è vero, sono detta, sono scritta
    E io non sono la tua fine, son tua zia

    Io sono buona, zabaione e zafferano
    Sono pesante, una zavorra di zainetto
    Sono lo zucchero che zappi piano piano
    Sono lo zoccolo, la zampa di cagnetto

    Sono la zebra, sono bianca e sono nera
    Sono lo zombi, sono morta e sono viva
    Ho suono nano fino fino di zanzara
    E vado piano, sono l'ultima che arriva

    E invece no, dice la rima del poeta
    Che l'alfabeto non finisce con la Zeta
    Perché alla fine anche la fine finirà
    Perché la Zeta poi finisce con la A


    Edizione Salani




    Edizione Rizzoli Edu




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    Questa pagina è stata creata il 7 marzo 2022 e aggiornata l'ultima volta il 19 settembre 2022


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