Bruno Tognolini
VERSI DI BESTIE
Illustrazioni di Viola Niccolai

  febbraio 2022
Cartonato 21 x 14,8 cm, 45 pagine a colori, € 16





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di Bruno Tognolini

Trum, trum!
Trum, trum!
Gli elefanti camminanti
Cuori giganti, piedi pesanti
Vanno e vanno, e dove vanno?
In qualche posto che loro lo sanno



"Gli occhi, attraverso cui l'amore dice la poesia, servono
per guardare gli alberi e le bestie che formano l'anima.
Le bestie dell'anima sono la poesia".

Giuliano Scabia, "Il poeta albero"


  Lista delle bestie

  Racconto dell'autore
  • La nascita del libro
  • Le bestie dell'anima
  • Versi di bestie. Le bestie
  • Versi di bestie. I versi

  •   Sei assaggi
  • Versi di cuori elefanti
  • Versi di volpe fiamma
  • Versi di ape operaia
  • Versi di rinoceronte
  • Versi di grilli stellari
  • Versi di cicale solari





  • L'INTERA COPERTINA 'SPIANATA'





    LISTA DELLE BESTIE

    Solo i titoli delle trentadue filastrocche, per offrire al lettore la panoramica completa del bestiario.
    Qui sotto, invece, i testi e le illustrazioni di sei bestie tutte intere.


    1. Versi di cuori elefanti
    2. Versi di edna l'echidna
    3. Versi di rondine sentinella
    4. Versi di tartaruga regina
    5. Versi del bello cammello
    6. Versi di ippocampo senza scampo
    7. Versi di libellula assassina
    8. Versi di castoro costruttore
    9. Versi di ragno rimatore
    10. Versi di pesci degli abissi
    11. Versi di volpe fiamma
    12. Versi di biscia strillona
    13. Versi di cane perplesso
    14. Versi del microbo piccolo
    15. Versi dell'ape operaia
    16. Versi di bradipo svelto
    17. Versi di lemure spettro
    18. Versi di grandi gatti
    19. Versi di brutta blatta
    20. Versi di farfalla bella
    21. Versi di scimmia scimmiotta
    22. Versi di madre balena
    23. Versi del baldo cavallo
    24. Versi di zebra enigmistica
    25. Versi di topotamo sbagliato
    26. Versi di rinoceronte zuccone
    27. Versi di grilli stellari
    28. Versi di cicale solari
    29. Versi di bestie ammaestrate
    30. Versi di bestia senza nome
    31. Versi di uccelli volanti
    32. Versi di bestia umana


    All'indice


    RACCONTI DELL'AUTORE


    La nascita del libro
    Anche questo libro, come altri miei, nasce da un seme lontano. La prima filastrocca, Versi di Cuori Elefanti, è della fine 2012: una delle quarantotto composte in tre anni per il giornalino "G-Baby", dei periodici San Paolo. Pian piano nel tempo, finito il lavoro con quel giornale, ho estratto dalla sua opulenta cesta (l'accordo editoriale lo consentiva) manciate di filastrocche per due libri: Rime Piccoline di Nord-Sud e Nino e Nina tutto l'anno di Fatatrac. Ma ho tenuto da parte, religiosamente, un pugnetto di filastrocche sugli animali, di cui quella degli elefanti era la prima. In attesa che arrivasse il loro tempo.

    Ci furono tentativi a vuoto: il primo lontano con Alessandro Sanna (modalità illustratore senza editore), l'amico sempre carico di compiti e lavori, che infatti non ebbe il tempo. Il secondo nel febbraio 2020 con Fatatrac (modalità editore senza illustratore), che per la difficoltà a programmare le uscite, causa Covid, sfumò alla fine in mesi di silenzio. In quel silenzio però il tempo per me era arrivato, e fu un tempo di Grande Reclusione: il primo lungo lockdown della pandemia, la primavera del 2020, che ho trascorso per intero, cancellati tutti gli incontri in giro per l'Italia, nella casa di Lecce, col suo giardino di aranci, nespoli e limoni.

    Lì ho preso in mano il pugnetto di rime di bestie messe da parte: ho tenuto e modificato la rima degli elefanti, che stupendamente aprivano la processione, e tenuto quasi identica quella degli uccellini volanti. Le altre, non ricordo neanche quali, troppo mirate sui piccolini a cui il giornaletto della San Paolo si rivolgeva, non erano più in armonia con la complessità e larghezza di Senso e Suono con cui i nuovi Versi di Bestie andavano ormai frondeggiando: e vennero escluse.

    Son stati quelli, da febbraio a maggio, mesi felici. Tanto da farmi sentire un po' in colpa, nello sgomento generale per la Reclusione. Io invece stavo bene, chiuso in casa e nel giardino frutteto del Sud, a scrivere versi: e Versi di Bestie. Ore serene, si può dire felici, quali solo l'opera in corso sa regalare. In seguito, come racconto ai bambini quando mi chiedono se "mi rende felice fare lo scrittore", verranno altre gioie, diverse, umane anche loro e legittime, ma minori e un po' vanitose: la piacevole soddisfazione per le lodi dell'opera compiuta. Ma mentre - dice Seneca in una delle sue lettere a Lucilio - il pittore a opera compiuta gode ormai i frutti della sua arte, "ipsa fruibatur arte, cum pingeret": godeva dell'arte stessa, finché dipingeva.

    Confrontando questi sentimenti e il passo di Seneca in uno scambio di mail con Nicola Gardini, quel grande poeta e maestro mi ha scritto così: "Già... Quel fare, giorno per giorno, ora per ora, che sta al posto del tempo, che è il tempo più personale possibile, che è la vera vita (oltre a quella che si vive attraverso l'amore). E dunque scrivere è come amare, penso.". Così è, veramente, confermo: e gioia di scrivere e amore inzuppavano giorno per giorno i versi crescenti, facendone infine un canto alle Bestie gioioso e amoroso.

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    I prossimi tre capitoletti son quelli che appaiono nel seguitissimo blog dei Topipittori,
    che mi hanno chiesto una presentazione del libro, e che ringrazio per averla accolta
    e condivisa con me su questo sito.


    Le bestie dell'anima
    Comincio con brevi passaggi di libri. Due sono miei, perché su questa parentela di anima e animali, e di uomini e bestie, vado pensando, leggendo e scrivendo ormai da buon tempo.
    Ecco come la proclama Mama Kurma, l'antica tartaruga sciamana degli Àniman nel romanzo Il Giardino dei Musi Eterni (Salani). Mama Kurma allungò il collo e fissò con occhi terribili la cerchia dei fratelli ammutoliti.
    "TUTTO HA UN'ANIMA! TUTTO È ANIMATO! TUTTO È ANIMALE!"
    Così annunciò, con voce potentissima. "Non c'è la Bella! Non c'è la Bestia! Siamo tutti delle Belle Bestie!"
    (...) "Solo uomini e bestie insieme, che di fiaba in fiaba vanno, senza fine. Solo questa infinita processione"
    Ed ecco il sogno di ricostruzione di questa processione perduta in una mia lettura d'oggi, faticosa: il saggio "Chtulucene", della visionaria lisergica antropologa californiana Donna Haraway. Di cui non cito parti letterali, perché son sparse nel suo parlare pirotecnico, ma estraggo e dico con parole mie. Due sulle altre: multispecie e "making kin".
    Co-divenire multispecie, relazioni multispecie, confusione, prosperità, humus multispecie; narrazioni, arte, femminismo multispecie. Gli umani devono fare parentela (in inglese suona meglio: "making kin") con molte specie, prime fra tutte quelle animali, se vogliono sfuggire all'estinzione di una specie che si è messa in testa di fare da sola, al di sopra e a danno di tutte le altre.

    Lo dicono anche i poeti, senza mai averne letto. Montale, nella poesia "Götterdämmerung": Il crepuscolo è nato quando l'uomo
    si è creduto più degno di una talpa o di un grillo.
    E questo fare parentela, il "making kin", è forse oggi ormai un "re-making kin", un riallacciare parentele spezzate e dimenticate da ere immemorabili. Come predica di nuovo Mama Kurma nel Giardino dei Musi Eterni, spiegando perché ai bambini diamo in mano giocattoli effigi di bestie, gli infiniti peluche. "E non solo i giocattoli" aggiunse il gatto Linneo, senza batter ciglio, "anche i libri per i cuccioli umani sono pieni di cuccioli animali: coniglietti, maialine, cagnetti, gattini, ochette..."
    (...) "Perché umani et animali sono equali nell'Alba del Tempo" disse solenne la tartaruga. "(...) Antica Sorellanza della Vita essi sono, nell'Alba del Tempo. Fratelli e sorelle essi sono, et anche sposi fra loro, in antico più antico".
    (...) "Sposi fra loro, sì" intervenne Linneo, "e facevano figli. Lo dicono i miti più antichi, che sono affollati di ibridi umani e animali: centauri, sirene, minotauri, sfingi..."

    Solo così, dice l'arcaica tartaruga, i cuccioli umani riusciranno a superare lo strappo fatale di quegli allucinati primi anni: mettendogli accanto a conforto gli avatar dei fratellini delle fonti, di Gaia Panzoe Multispecie, la cucciolata generale della vita da cui loro stessi provengono, prima che il duro decreto del DNA recida quei vecchi legami, e li spari nel loro Antropocene.

    E infatti eccomi, me stesso bambino, alle fonti di questa primigenia parentela perduta, che la ricordo nel piccolo libro autobiografico Doppio Blu (Topipittori). Il bambino aveva un grande Libro degli Animali, che spesso a casa posava in terra e squadernava, sfogliando senza mai stancarsi. Sapeva i nomi di tutti gli animali, e voleva che i grandi e i fratellini li puntassero col dito per interrogarlo e poterli nominare.
    "Tigre del Bengala", diceva. "Mandrillo", diceva. "Ay a tre dita".
    (...) "Chino ai profondi lieviti, ripatisce ogni fase", avrebbe letto decadi dopo in una poesia di Quasimodo. "Le bestie dell'anima sono la poesia", avrebbe letto in un'altra del suo maestro Giuliano Scabia.

    Ed eccolo allora, il mio grande primo maestro Giuliano che è morto da poco, nel libro "Il poeta albero" (Einaudi). Le bestie camminanti sentono subito i poeti camminanti – come ad esempio una volta Orfeo. Le bestie camminanti non sono il pubblico della poesia – ma la poesia. I piedi della poesia in origine erano bestie, piante, insetti, rumori del cielo e della terra. Poi nomi. Gli occhi, attraverso cui l'amore dice la poesia, servono per guardare gli alberi e le bestie che formano l'anima.
    Le bestie dell'anima sono la poesia.
    E i poeti, come le bestie, fanno versi.

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    Versi di bestie. Le bestie.
    Ed ecco i miei.
    Sono versi di bestie. Versi che fanno le bestie, scherza l'ambiguo titolo, ma mente: sono versi che parlano di bestie. Versi che fa un umano poeta parlando di bestie. Non ho la minima idea di che versi fanno le bestie parlando di sé, o di altre bestie, fra cui gli umani, fra cui i poeti: ma io parlando di loro faccio questi. E cosa dicono di loro questi versi? Cose vere? Non so se dicono cose vere, ma sono sinceri.

    La questione dell'antropizzazione degli animali è antica e probabilmente inestricabile. Gli umani si sono appropriati delle bestie, dicono gli animalisti, totalmente: non solo degli utili corpi ma anche delle anime ignote. Ne hanno fatto bistecche e simboli in egual misura. Bestie alienate a se stesse e ridotte all'umano affollano le narrazioni di ogni era in un'eterna Fattoria degli Animali: da Esopo a Mamma Oca, da Lassie ad Alien, dai centauri a Mickey Mouse. Appropriazione, alienazione, sfruttamento narrativo: e i veri animali intanto son sempre altra cosa, sempre altrove, forse anzi il vero Altrove dell'umanità.

    Quindi tutti i racconti umani che parlano di loro sono fake, son fasulli e menzogneri. Vero: son menzogneri ma sinceri. E in qualche modo perfino rispettosi. Perché io non potrò mai sapere cosa sia veramente, chi sia un leone per sé, perché non sono né sarò mai lui, né mai veramente in lui: posso solo raccontarlo per me. Solo così sono sincero, e lo rispetto. Gli mancherei più gravemente di rispetto se mi ponessi in capo e a scopo di parlare veridicamente per lui.

    Così io faccio versi umani, rispettosi, su ragni e ippopotami, cani e delfini, bradipi e grilli: ma visti da qui, da me. Rispettosi e perfino amorosi. Anche quando ridacchio di loro, li prendo in giro. La risata amorevole, sappiamo, è una delle più dolci e forti forme d'affetto. Ecco allora la blatta rabbiosa, che è brutta: per noi, ma come l'antica sapienza multispecie ante litteram diceva, lo scarrafone è bello a mamma sua. Così il maestoso cammello che puzza e ha la faccia di uno che si crede bello; e la biscia sfacciata che strilla e noi non la sentiamo; e il rinoceronte zuccone ostinato, il destriero da passeggio di bambini, il "topotamo" errore creativo, le cicale tamarre rock.

    Ma ecco anche gli elefanti camminanti, la primigenia processione della vita. Ecco la madre balena, nella cui pancia noi sogniamo di tornare. Ecco la tartaruga che non ha fretta perché è a un tempo il viaggiatore e il pianeta. Ecco delfini e orche che saltano per noi, ma sono loro che ci hanno ammaestrato, e alla fine (omaggio sfacciato alla "Guida galattica per autostoppisti") se ne andranno dal pianeta morente dicendoci: "Grazie del pesce". Ed ecco infine l'animale sconosciuto, la specie non ancora etichettata con un cognome umano, che i versi di bestia poeta scongiurano di non farsi nominare mai.

    Con l'incanto e il gemello contrario, la confidenza; con reverenza e la sorella contraria, l'irrisione; col mistero insondabile e i cugini contrari, i cenni libreschi zoologici: ciò che ho fatto in questo libro in fin dei conti è risquadernare bene aperto sul pavimento l'antico Libro degli Animali della mia infanzia, quello di cui racconto in Doppio blu.
    Era grande, ricucito da qualche vecchio legatore perché forse si stava perdendo, con le copertine di grosso cartone che ricordo finemente picchiettate rossiccio su giallo, maculate come un minuscolo leopardo. E aveva belle illustrazioni colorate, realistiche, assorte: degne figure e semi dei miei sogni.

    E poiché fin qui ho parlato del racconto dei versi, come se solo quelli fossero il libro; e poiché non so parlare con sapienza delle illustrazioni, perché quella sapienza non ce l'ho: allora dei disegni di Viola Niccolai, e della cura con cui i Topipittori li hanno guidati, dirò solo un semplice e antico grazie. Perché quelle, a un certo punto l'ho capito, son le figure bambine del mio Libro degli Animali oggi cresciute. Chiare, riconoscibili come quelle, icastiche, con musi vivi e veri e andamenti eleganti di zampe e di groppe in bel movimento pur ferme: come bambino le vedevo e le sognavo. Ma evanescenti ormai, sfocate, sulla via di svanire, come da adulto oggi vedo gli animali che si allontanano dolcemente nel ricordo, e duramente nella vita del pianeta.

    Nei versi e nelle tavole, grazie ai Topipittori, ho potuto rendere onore facendolo crescere, anche se fra le mani di oggi è così piccolino, a quel grande Libro Sacro della mia infanzia.

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    Versi di bestie. I versi.

    Un'ultima cosa, dopo aver parlato dell'Ala del Senso, le bestie che racconto, ora sull'Ala del Suono: i versi con cui le racconto.
    Mi sono ormai riconosciuto, e rassegnato: sono un poeta rimatore. Scrivo poesie "filastrocche", componimenti con forte battente struttura di metro e di rima. Episodi di vita diversi son serviti a capirlo.

    Uno fra i tanti. Chiara Carminati è una mia cara amica, anche fuori dai libri. La sua arte poetica è anfibia, come quando va giù nelle sue apnee: è bravissima nelle rime filastrocche, e stupenda quando esce volando di rima e di metro. Lo scorso anno, dopo aver letto il suo "Viaggia verso" (Bompiani), mi son trovato a scriverle di getto, senza girarci intorno: "sei la più brava di tutti noi". Nella risposta, tacendo per garbo le lodi, Chiara mi disse: "Chissà che un giorno o l'altro io non riesca a convincerti a fare qualche volteggio in altre zone poetiche! Anche solo fra me e te, in versi del tutto inediti nel vero senso della parola". Le ho risposto che no, non lo farò. Pur leggendo con felice ammirazione i versi sciolti e fluenti di Chiara, di Giusi Quarenghi, di Silvia Vecchini, io non lascerò mai la mia antica scandita a metronomo rima tambura. Mi troverei spaesato, come quando mi figuro di scrivere anch'io un libro "per grandi": semplicemente, non saprei dove cominciare.

    Ci sono pianisti come Keith Jarrett che sono stati al tempo stesso esecutori classici eccellenti e straordinari pianisti jazz. Ma sono pochi: i più hanno suonato o perfettamente classico o perfettamente jazz. Ci sono grandi musicisti rock, pop, country, blues, reggae, e cento altri nomi più attuali. è tutta musica, sono tutti musicisti: ma perché un bravo suonatore di cumbia dovrebbe mettersi a suonare Chopin? Sarebbe talento sprecato.

    Semplicemente: non c'è una sola regola, io penso. Per alcuni artisti è bene fare anche altro, se lo fanno bene. Per altri è bene fare sempre meglio quello che fanno.

    Io quindi continuerò la mia rima tambura. Però una cosa posso farla: posso provare a scriverla sempre meglio. Non cambiare, migliorare. Concertare sempre più i metri, ricamare sempre più i suoni, giocare sempre più di rimalmezzo, di allitterazioni, di omoteleuti. Come Carlos Santana, svisare sempre più fine con le dita. L'Ala del Suono crescerà sempre di più, gagliarda e gaglioffa. E l'Ala del Senso, se la poesia vuole volare, dovrà tenerle dietro, estendersi ed espandersi a sua volta, finendo per farmi dire cose che non avevo la minima intenzione.

    Così ho provato nei miei ultimi libri di rime, e molto in questo. Ho fatto versi per dire le bestie. Li ho fatti nel mio stile, col mio stilo, ma cercando di farli bene, sempre meglio. Perché questo è il compito di noi narratori poeti: dire le cose del mondo bene, perché siano così bene-dette. E benedire le bestie del mondo è cosa degna, che va fatta e rifatta nei millenni.

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    SEI ASSAGGI

    Sei Versi di Bestie, coi testi e il link per le tavole di Viola Niccolai. A mia scelta, e la scelta non è facile.
    Ne regaliamo sei su trentadue. Sono tanti, io e l'editore siamo generosi. In cambio vorrei chiedere ai visitatori, se per caso qualcuna piace, e copiano e incollano e portano a casa o a scuola, un gesto di gentilezza e correttezza: citate sempre il libro e l'editore. Sotto la lirica o la tavola presa in dono, scrivete sempre:"Da VERSI DI BESTIE, di Bruno Tognolini e Viola Niccolai, Topipittori".



    VERSI DI CUORI ELEFANTI
    Qui la doppia tavola di Viola Niccolai
    Trum, trum!
    Trum, trum!
    Gli elefanti camminanti
    Cuori giganti, piedi pesanti
    Vanno e vanno, e dove vanno?
    In qualche posto che loro lo sanno

    Marciano insieme, corrono in branco
    Sfilano in fila ma alcuni di fianco
    Rompono rami, sfrondano foglie
    Se c'è qualcuno davanti si toglie
    Schiantano alberi, aprono strade
    Corrono, inciampano, qualcuno cade

    Quelli che cadono restano fermi
    File di scheletri di pachidermi
    Gli altri ripartono, cuori potenti
    Uomini arrivano e rubano denti
    Loro continuano, file infinite
    Uomini arrivano e rubano vite

    Le scimmie guardano dai loro rami
    Lanciano gridi, domande, richiami
    "Ma dove corrono, si può sapere?"
    Vengono pesci, pitoni, pantere
    Tutti domandano, ma loro zitti
    Trum, trum, tirano dritti!

    Perché sono i Re Elefanti
    Cuori giganti, piedi pesanti
    Grandi vite camminanti
    Ma dove vanno?

    Avanti!

    Prima del sempre, dopo del poi
    Quando si fermano moriamo noi

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    VERSI DI VOLPE FIAMMA
    Qui la tavola di Viola Niccolai
    Non sono cervo e la freccia mi colpisce
    Non sono lupo e la muta m'ha inseguita
    Non son uccello e lo sparo mi rapisce
    Non sono preda e mi tolgono la vita

    Sono la volpe, sono la stella rossa
    Sono la fiamma bandiera della fuga
    Inzuppata di pioggia nella fossa
    Incendiata dal sole che mi asciuga

    Inseguita da cavalli giganteschi
    Da umani a cui non ho mai fatto male
    Da cani pazzi come diavoli fiabeschi
    Da corni con muggiti di animale

    Dalla tagliola fredda che mi schiaccia
    Dal contadino col tuono del fucile
    Dal mercante che mi scuoia la pelliccia
    Dal bambino con le pietre nel cortile

    Nella fuga le ragioni si dileguano
    In queste mille vite che distruggo
    Non so se fuggo perché loro mi inseguono
    O se mi inseguono solo perché fuggo

    Ma so che non mi prenderanno mai
    La mia coda scavalca mille morti
    Mille volte mi spari, ma vedrai
    Mille volpi che tornano più forti

    Perché sono la preda primordiale
    Non ha senso, non ha causa, non ho colpe
    È solo l'uomo che caccia l'animale
    Caccia all'anima sua, caccia alla volpe

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    VERSI DI APE OPERAIA
    Qui la tavola di Viola Niccolai
    Porto e riparto, parto e riporto
    Ape operaia
    Dal prato all'aia, dall'aia all'orto
    Umile e gaia
    Dal fiume al fiore, dal fiore al favo
    Il sole è sorto
    Il tempo è buono, il vento è bravo
    Parto e riporto

    E canto così

          Di tutto questo polline
          E prendine, e togline
          Bella Regina dimmelo
          Che cosa si farà

          E tutto questo nettare
          Dove lo devo mettere
          Bella Regina dimmelo
          A cosa servirà

    Forza di sciame, forza maggiore
    Forza lavoro
    Volo di fame, cuore del fiore
    Miele dell'oro
    Come le suore pregano sole
    Per tutto il mondo
    Noi api-cuore facciamo miele
    Lento e profondo

          E tutto questo nettare
          Ora lo devo mettere
          Il miele deve scorrere
          Ed è compito mio

          Perché il dolce degli uomini
          Si perde in fondo agli animi
          Qualcuno deve renderlo
          E l'ape sono io

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    VERSI DI RINOCERONTE
    Qui la doppia tavola di Viola Niccolai
    Sono il rinoceronte corazzato
    Io vado avanti e sfondo e spacco tutto
    Perché sono spaccone, zuccone ed ostinato
    Perché non giro intorno, vado dritto

    Io sono grande e grosso, largo e tondo
    La mia pelle è cemento con la crosta
    Perché dovrei spostarmi quando davanti ho il mondo?
    Io tiro dritto, è il mondo che si sposta

    Così pensava quel rinoceronte
    Nel suo cervello bestio buio e tetro
    E sfondava ogni cosa che trovava di fronte
    Per vedere che cosa c'era dietro

    Ma la giraffa che vede fino in fondo
    Diceva: sei un tonto prepotente
    Se tu giri l'ostacolo, nel giro trovi il mondo
    Se tiri dritto, dietro non c'è niente

    Non era vero, c'era qualche cosa
    E un giorno la trovò il rinoceronte
    C'era un rinoceronte, in carica furiosa
    Che lo inzuccò diritto nella fronte

    Fra i due zucconi l'urto fu tremendo
    Con la testa assordata di ronzio
    Crollò il rinoceronte, e disse sorridendo
    Lo sapevo che dietro c'ero io

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    VERSI DI GRILLI STELLARI
    Qui la doppia tavola di Viola Niccolai
    Salgono in cielo a frotte
    Mille spilli di grilli
    E pungono la notte
    Con i piccoli strilli

    Con le antenne puntate
    Ai firmamenti chiari
    Le vocine strillate
    Son messaggi stellari

    "Stelle stelle, ci siete?"
    Dicono i gridi fitti
    "Sorelle, rispondete!"
    I cieli stanno zitti

    "Dateci, stelle chiare
    Briciole d'aria bianca
    Diteci, stelle care
    Al giorno quanto manca

    La notte è così vecchia
    Se cantiamo finisce?
    La luna che si specchia
    Dentro il fiume svanisce?

    E il buio sarà scuro?
    E i mattini tranquilli?
    E poi verrà il futuro?
    E noi saremo i grilli?"

    Le stelle messaggere
    Dall'infinito aperto
    Sorridono severe
    E rispondono: "Certo"

    I trilli allora tacciono
    C'è un gran silenzio intorno
    I grilli si addormentano
    E può venire il giorno

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    VERSI DI CICALE SOLARI
    Qui la doppia tavola di Viola Niccolai
    I grilli signorini all'alba vanno via
    Ci lasciano i violini, li giriamo a chitarre
    E parte la bestiale strepitosa armonia
    Noi siamo le cicale musiciste tamarre

    Spunta il sole padrone, dà tre pugni sul mondo
    È il segnale d'inizio, canta forte compagna
    La sguaiata canzone del mattino giocondo
    Che sveglia spaventata la signora campagna

    I fratellini grilli con signorina voce
    Vanno bene di notte, per la luna farfalla
    Per il sole giaguaro serve un canto feroce
    Aria calda che trema, luce cotta che balla

    Le mattine abbaglianti corrono al mezzogiorno
    Le cicale chiassone bestioline cavalle
    Con chitarre assordanti sparano tutto intorno
    Raggi di una canzone fatta di strilla gialle

    Ma sono proprio loro, guerriere del frastuono
    Che tengono su il sole col loro canto matto
    Lui senza la colonna gigante di quel suono
    Cadrebbe sulla gente e brucerebbe tutto

    Viene il tramonto, basta, posano gli strumenti
    Sotto le stelle bianche, dentro l'azzurro pieno
    Nel silenzio le stanche cicale adolescenti
    Dormono come pigne, non russano nemmeno

    Ora canti tranquilli
    Venite avanti grilli


    All'indice
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    Questa pagina è stata creata il 15 febbraio 2022 e aggiornata l'ultima volta il 15 febbraio 2022


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