Bruno Tognolini
BESTIAN
Racconto di fantascienza
Illustrazioni di Alicia Baladan
Copertina flessibile, 17 x 24 cm, 62 pagine, € 18.00



Il crepuscolo è nato quando l'uomo
si è creduto più degno di una talpa
o di un grillo.


Eugenio Montale, "Götterdämmerung"




BESTIAN è un racconto transformer.
Parte piano, piccolo e sereno, con quadretti quotidiani e sorridenti di vita in famiglia e in classe. Poi comincia a trasformarsi: accadono fatti, dapprima piccoli e curiosi, poi sempre più sorprendenti. Fino allo scoppio. Un evento così potente che rivela la sua natura transformer: era un racconto di fantascienza, mimetizzato. Che da quel punto non parla più di vita piccola in un'aula di scuola, ma di vita grandissima nel pianeta intero.



"Making kin" vuol dire "fare parentele" [...] generare legami imprevedibili, aprirsi a combinazioni inaspettate, essere pronti a far parte di caldi cumuli di compost. Con-divenire insieme, gli uni con gli altri, o non divenire più.

Donna Haraway, "Cthulucene"



INDICE

  • No spoiler: e allora cosa?
  • Fantascienza per bambini
  • Una Fabula Speculativa
  • Autobiografia narrativa bestiale
  • Cthulucene
  • L'incipit


  • Mama Kurma allungò il collo e fissò con occhi terribili la cerchia dei fratelli ammutoliti.
    "TUTTO HA UN'ANIMA! TUTTO è ANIMATO! TUTTO è ANIMALE!"
    Così annunciò, con voce potentissima.
    "Non c'è la Bella! Non c'è la Bestia! Siamo tutti delle Belle Bestie!"
    "Solo uomini e bestie insieme, che di fiaba in fiaba vanno, senza fine. Solo questa infinita processione"


    L'antica tartaruga sciamana degli Àniman
    nel romanzo Il Giardino dei Musi Eterni (Salani)



    RACCONTI DELL'AUTORE


    No spoiler: e allora cosa? Trovo sempre difficile presentare, in pagina e in pubblico, i miei libri di storie: più difficile che quelli di poesie. Perché con le storie non bisogna spoilerare, non si deve spifferare cosa accade. E allora cosa si può dire? Qualcos'altro: per esempio tutto il contorno, ciò che c'è prima, ciò che c'è intorno, ciò che c'è altrove. E così farò.
    Però così facendo, come accade a volte quando si è in difficoltà, va a finire che si strafà. È venuta fuori infatti, più che una presentazione, un saggio introduttivo lungo e denso, insomma un tremendo Spiegone. Che leggerà chi vuole, scegliendo magari nell'Indice ciò che vuole, e fin dove vuole.

    Non si parla quasi di BESTIAN qui, dunque. Meglio lasciare che parli lui. Si impilano capitoletti di fondamenti, argomenti, approfondimenti, alternandoli per respirare un po' con le belle e folte tavole di Alicia Baladan. E anche quelle con cautela, scartando le immagini che suggeriscono, spifferano, spoilerano.

    Una cosa soltanto, qui in premessa, voglio dire nel merito vero, nella carne di questo racconto.
    È un racconto di fantascienza, come lui stesso dice di sé, e qui di seguito fin troppo si dirà.
    Cioè un racconto che dice cose non vere. Strampalate, fanfaluche, fesserie. Cose che proprio non possono accadere. Non può accadere per esempio che il DNA umano si contamini da sé con qualche intruso gene animale, e faccia nascere bambini come Bestian.
    E allora cosa racconta questo autore? Semplice: quello che ha sempre raccontato la fantascienza. Cose che non sono vere ora, che suonano spropositi e stupidaggini ora. Come il cannone di Verne che sparava l'uomo sulla luna: che poi non col cannone però c'è andato.
    Fa il suo lavoro, BESTIAN, simile a quello che predicava Danilo Dolci: sognare non le persone, ma le cose come ancora non sono. Per orientare le nostre azioni perché un giorno magari lo diventino. E nell'attesa allenare i nostri pensieri ad esser pronti quando, in modi simili o altri da questi, lo diventeranno.




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    Fantascienza per bambini
    Nel numero di dicembre 2023 della rivista Andersen è uscito un mio articolo sulla fantascienza per i bambini e i ragazzi, che in Italia è assai poca, e quella poca assai poco aggiornata agli scenari attuali. Non son riuscito a ottenere la pagina della rivista, quindi lo propongo alla lettura qui in manoscritto PDF.

    Scrive Calvino: "In certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra […]. Era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa. L'unico eroe capace di tagliare la testa della Medusa è Perseo, che vola coi sandali alati, Perseo che non rivolge il suo sguardo sul volto della Gorgone ma solo sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. [...] Si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un'immagine catturata da uno specchio".

    E così è, è sempre stato. La letteratura per questo è nata, e il teatro e ogni narrazione e l'arte tutta. è lo scudo di Perseo in cui guardare la realtà, riflessa ma in faccia, in faccia ma riflessa, per non farsene impietrire. In questo caso la realtà di un futuro forse catastrofico.
    Forse, ma... Forse no! Forse anche no. Come dice magistralmente Sam a Frodo, che vedeva nerissimo il loro ritorno nella Contea: "Magari no, padron Frodo. Magari no..."

    Questo allora può forse raccontare una fantascienza per i bambini, di diverso dalla fantascienza per i grandi: la speranza. Perché scrive David Almond che ai bambini si può dire tutto, tranne la disperazione. Esatto. Questo è nostro mestiere e missione di autori per l'infanzia. E non è questione di "buonismo": dire ai bambini che la vita (in questo caso il futuro) non è cosa buona, che se va male non c'è speranza di raddrizzarla, prima ancora che criminale è molto stupido, da adulti molto confusi. Se metti al mondo un bambino, e sei convinto che il mondo (il futuro) sia male, perché ce l'hai messo?

    Gli autori per i bambini allora, fedeli alla loro missione, scriveranno una fantascienza per i bambini fatta così: a specchio di Perseo, prima di tutto, per guardare al futuro senza pietrificarsi; e illuminata, nello spiraglio che quello specchio mostra, da un bel raggio di speranza. Se saranno cattivi autori sarà una speranza usa e getta, tonta e pesante, che casca giù senza neanche un rimbalzo. Se saranno bravi autori sarà una speranza Persea, con sandali alati, che "si sostiene su ciò che vi è di più leggero"; che vola e scarta rapida, pensa diverso, pensa laterale, vede le cose come ancora non sono. Ed è anche capace di dire, nel momento più buio della notte, con un sorriso, "Magari no, padron Frodo. Magari no…"

    E forse domani di mettersi all'opera e farlo, un futuro buono. Tanto son tutte cose che abbiamo già letto. Potrebbe perfino andare tutto bene, no? è fantascienza!




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    Una Fabula Speculativa E come mi è venuto in mente di scrivere un racconto di fantascienza?
    A parte che nella mia narrativa, poca e rada nel diluvio delle rime, non ho quasi scritto altro da trent'anni. L'articolo per la rivista Andersen citato qui sopra chiude con due riquadri, intitolati rispettivamente Mappe di fantascienza da lettore e Mappe di fantascienza da scrittore. Riporto qui sotto il secondo. Ho narrato fantascienza in quasi tutti i miei pochissimi romanzi, e in altre opere sparse. Che qui mi azzardo a elencare con etichette arbitrarie, presuntuose e quasi di certo sciocche.
  • Nirvana X-rom (Cecchi Gori New Media 1996), adventure game per adulti, sequel in forma di videogame del film omonimo di G. Salvatores: fantascienza cyberpunk.
  • Lilim del tramonto (Salani 1999), romanzo per ragazzi e adulti: universo videoludico, fantascienza sacra, narrazione cyber-storica ambientata in Palestina nell'anno zero.
  • Lunamoonda (Salani 2008), romanzo per ragazzi e adulti: cyberpunk, postumanesimo, società a controllo digitale, potenziamento umano, cloni, trapianti trans-speficici, chimere.
  • Robot, Catalogo raccontato dei principali Avatar Servo Robota per ragazzi e bambini (Rizzoli 2014): riflessione epistemologica sulla tecnologia umana in forma di catalogo e racconto.
  • Il giardino dei musi eterni (Salani 2017), romanzo per ragazzi e adulti: bio-fantascienza, narrazione soprannaturale, zoologica, filosofica e spirituale, con trama di giallo.
  • Bestian (Edizioni Gruppo Abele 2023), racconto per bambini e ragazzi: bio-fantascienza, "simbiogenesi multispecie", riapparentamento fra specie umana e specie animali.
  • A parte questo, dunque, a parte la coerenza (o monotonia) tematica della mia poca narrativa nei decenni: il fatto è che invecchio, e il tempo davanti a me non è più lungo. Ma poiché il tempo non cresce né cala, per mia fortuna ora si fa largo. E in largo quindi può estendersi lo sguardo, contento di farlo. Quando dunque Francesca Rascazzo delle Edizioni Gruppo Abele mi ha chiesto di scrivere un libro illustrato, che narrasse se possibile di bambini "diversi", con "bisogni speciali", della loro vita in casa e nella classe: allora ecco, lo sguardo che scrutava per narrare in quella casa e in quella classe si è subito sentito stretto. E l'angustia non è una buona condizione per un narrare incantato e contento: e se non s'incanta contento chi scrive, non s'incanta contento chi legge.

    Però ho accettato: perlomeno di partire da lì, dalla casa e dall'aula scolastica. Ma per poi pian piano salire, zoom in alto, come certe riprese topiche del cinema, che partono da una cameretta e salgono su pian piano fino all'intero pianeta. Ho proposto questo zoom narrativo a Francesca, che ne ha discusso coi suoi: che hanno accettato.

    Ed ecco BESTIAN, un racconto di fantascienza, cioè una Fabula Speculativa. Nel saggio "Chtulucene. Sopravvivere in un pianeta infetto" (Produzioni Nero, tradotto da Claudia Durastanti e Clara Cicconi), in questa pagina forse fin troppo citato (vedi sotto), Donna Haraway scrive: "L'acronimo FS è una figura onnipresente in questo libro, e sta per Fanta Scienza, Fabula Speculativa, Femminismo Speculativo e Fatto Scientifico". E in effetti quell'antropologa e filosofa visionaria tesse e rammaglia, tira e riannoda come nel gioco dei fili fra le dita (il suo Cat's Craddle, il nostro Ripiglino) questi quattro paradigmi di pensiero, mutandone senza sosta legami e disegni, facendone una furiosa rete vivente di "pensiero tentacolare", collaborativo, intrecciato con altre lingue e arti, in cui "con-divenire", stare insieme "in contatto col problema" del pianeta infetto.

    A parte il "Femminismo Speculativo", da cui mi astengo per scongiurare la famigerata appropriazione culturale, gli altri tre FS mi appartengono, li comprendo e li adoro. Anche la Fabula Speculativa. E veniamo al punto: cos'è una Fabula Speculativa?
    È una storia, una narrazione intrecciata non a scopo di sola meraviglia ("ars gratia artis"), ma per scopi speculativi, filosofici, di formulazione e proposta di teorie, schemi di interpretazione della realtà. Per una storia, nel migliore dei casi, un gran rischio di noia tombale. Nel peggiore, poco meno di un crimine agli occhi di un certo pensare (a dire il vero ahimè giustificato) che scorre nella letteratura per ragazzi: le cosiddette e vituperate "storie a tema", quelle che "ti dicono cosa devi pensare anziché allenarti a pensare". Tutto vero e sacrosanto. Però...

    Però, come spesso accade, il discrimine è altrove. È lì, nel solito posto: nella bellezza. Ci sono storie leggere, che non vogliono insegnare ma solo far sognare, che sono così leggere da volarsene via nel vento, come mai lette. E ci sono storie pesanti, zavorrate di pensiero e visioni del mondo, che incantano e inchiodano mentre le leggi e rimangono con te per sempre. Come al solito il segreto è lì: dipende da come sono raccontate. Ci sono Fabule Speculative belle, e Favole Pure brutte.

    Come le Rime Scolare rimescolano scuola e poesia in diverse dosi; come latte e caffè si mescolano in cinque celebri modalità italiane: caffè, caffè macchiato, cappuccino, latte macchiato, latte; così la fantascienza rimescola Fantasia e Scienza negli stessi cinque gradi (e magari altre settanta volte cinque). Personalmente, io adoro il cappuccino. Se son riuscito a fare con BESTIAN un buon cappuccino, una Fiaba Speculativa anche bella o solo pesante, che vuole solo insegnare o anche sognare, io che l'ho scritta proprio non lo so. Lo saprà chi la legge.




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    Autobiografia narrativa bestiale Si dice che gli autori scrivano e riscrivano sempre la stessa storia. Forse non sempre quella, magari due o tre. Nei miei libri, e in altri media e forme del racconto, al filone della fantascienza elencato qui sopra si affianca, minore, quello degli animali. Oltre alle solite apparizioni da personaggi primari o secondari, comuni a tutti i libri per bambini (per esempio nei miei Angeli lucertole bambini dappertutto e La sera che la sera non venne), eccoli invece unici e assoluti protagonisti nel romanzo Il Giardino dei Musi Eterni e nel libro di poesie Versi di Bestie.

    Questa infestazione bestiale dei miei libri ha radici lontane, che son raccontate per esteso in ben due articoli apparsi sul sontuoso blog dei Topipittori. Le fonti più prossime sono elencate nel primo, Le bestie dell'anima sono la poesia. Pensieri a margine del libro di poesie Versi di bestie - dove si cita, fra parentesi, il famoso e infestante "Cthulucene". Le più remote si narrano nel secondo, Il ritorno delle vecchie bestie. Ogni libro è legato a ogni libro. Lì si discende alle prime scaturigini, mostrando perfino le tavole ingiallite del mio antichissimo Libro degli animali, che a cinque anni sfogliavo accucciato per terra, chiedendo petulante ai miei grandi che mi interrogassero, puntassero le bestie e io dicevo i nomi.

    C'è da ammettere, per completezza e onestà, che questo incanto per il mondo animale non è attivo, è contemplativo. Tranne una cagnetta di nome Cuba per qualche anno venti anni fa, non ho mai avuto tanto a che fare con animali in pelo e ossa. Li guardo. Li leggo, li penso, li ammiro in decine di documentari, per i quali mia moglie mi canzona: "Ma gli elefanti che camminano... Visti una volta li hai visti tutti, non ti annoi?". No, non mi annoio, mi incanto: io li voglio vedere camminare e camminare, ancora e ancora, con gnu e leoni e gazzelle, e oche che migrano in cielo, e balene e mante nel mare. Mi danno un grande conforto, non so perché.

    E poi ne scrivo, scoprendo terre nuove. Quando due corpi amorosi vivi e sani si incontrano, a volte fanno un figlio. Era già accaduto quando il mio amore da lettore di fantascienza s'era incontrato con la fissa amorosa da "smanettone di computer": leggendo i primi romanzi cyberpunk la fantascienza di infinito stellare s'era tuffata giù nell'infinito digitale delle rete, e il matrimonio magnifico s'era compiuto. Lo stesso è accaduto fra gli altri due amori: animali e fantascienza. Già la lettura dei libri dell'etologo e zooantropologo Roberto Marchesini aveva allargato la contemplazione degli Elefanti Camminanti a visioni più ampie e care sulla specie umana e ogni altra vita nel mondo. Ma ecco: arriva Donna Haraway col suo Cthulucene, e click: animali e fantascienza si sposano, e nasce BESTIAN.




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    Cthulucene Animali e fantascienza si sposano. Il saggio "Chtulucene", scrivevo sopra, in queste pagine è fin troppo citato. Ma pazienza, è il destino dei libri magnifici, in senso etimologico: magnus facere, "che fanno grande". In questo caso "che allargano lo sguardo", collegando e sposando fra loro pensieri sparsi covati da anni e decenni, rammagliandoli in un arazzo fatto grande e luminoso, irresistibile.

    Ecco, a manciate e senza commenti, alcune parole d'ordine che brulicano come bestiole scatenate in quel saggio: simbiogenesi multispecie, simpoiesi, olobioma, making kin, con-divenire, con-vivere e con-morire, con-pensare e con-fare, mondeggiare insieme ("co-worlding"), creature ctonie, responso-abilità ("response-ability", capacità di risposta), saperi situati, confusione multispecie, prosperità multispecie, humus multispecie; narrazioni, arte, tessitura, femminismo, e così avanti in una grandinata di parole ibridate meticce che hanno fatto uscire pazze le traduttrici (qui un dizionario completo nella pagina dell'editore).

    Ed ecco una piccola raffica di citazioni letterali dal libro. Fare disordine
    Il nostro compito deve essere fare disordine e creare problemi, scatenare una risposta potente dinanzi a eventi devastanti, ma anche placare le acque tormentate e ricostruire luoghi di quiete.

    Restare a contatto con il problema
    Per restare a contatto con il problema [...] bisogna essere presenti nel mondo in quanto creature mortali interconnesse in una miriade di configurazioni aperte fatte di luoghi, epoche, questioni e significati.

    Making kin
    Il kin, la parentela, è una categoria selvaggia che in tanti provano ad addomesticare. Generare parentele in maniera imprevedibile e imprevista, invece che imparentarsi con una divinità o una famiglia biogenetica o genealogica (o quantomeno generare altre parentele oltre queste), pone dei problemi importanti, per esempio il problema di verso chi si è davvero responsabili. [...] Restare a contatto con il problema richiede la capacità di generare parentele di natura imprevista. Questo significa aprirsi a collaborazioni e combinazioni inaspettate, essere pronti a far parte di caldi cumuli di compost. Con-diveniamo insieme, gli uni con gli altri, oppure non diveniamo affatto. [...] Quando siamo da soli, con le nostre esperienze e le nostre diverse e distinte capacità, rischiamo di sapere al contempo troppo e troppo poco, e per questo soccombiamo alla disperazione o alla speranza, e nessuna delle due genera un atteggiamento di buon senso.

    Creature ctonie nell'humus multispecie
    Le creature ctonie sono esseri della Terra, al contempo antichi e appena nati. Immagino queste creature piene di tentacoli, antenne, dita, cavi, code a frusta, zampe da ragno e chiome arruffate. Le creature ctonie sguazzano nell'humus multispecie, ma non vogliono avere nulla a che fare con l'Homo che se ne sta lì a scrutare il cielo. Le creature ctonie sono mostri nel senso migliore del termine: dimostrano e performano l'importanza materiale dei processi terrestri e di tutte le creature. E poi dimostrano e performano conseguenze. Le creature ctonie non sono estranee al rischio, non vogliono avere niente a che fare con gli ideologi, non appartengono a nessuno, avvizziscono e prosperano in svariate forme e sotto svariati nomi in tutti i cieli, le acque e i luoghi della Terra. Fanno e disfanno, vengono fatte e disfatte. Sono quelle che sono. Non è un caso che i più grandi monoteismi al mondo – che siano religiosi o laici – abbiano sempre cercato di sterminare le creature ctonie. Questi tempi osceni che vanno sotto il nome di Antropocene e di Capitalocene sono la configurazione più recente e pericolosa di tali forze distruttrici. Con-vivere e con-morire insieme all'altro nello Chthulucene può essere una risposta impetuosa ai dettami dell'Antropos e del Capitale.

    Pensiero tentacolare
    Quando siamo da soli, con le nostre esperienze e le nostre diverse e distinte capacità, rischiamo di sapere al contempo troppo e troppo poco, e per questo soccombiamo alla disperazione o alla speranza, e nessuna delle due genera un atteggiamento di buon senso. [...] L'individualismo nelle sue varie forme scientifiche, politiche e filosofiche è finalmente diventato impensabile da pensare: non è più una risorsa, né sul piano tecnico né su qualsiasi altro piano. La simpoiesi – il con-fare – è una parola chiave in questo capitolo, nel quale approfondisco i doni che diversi teorici e narratori ci hanno lasciato per permetterci di pensare un pensiero indispensabile.
    E ancora continuerei, ma forse basta. Leggiamo.
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    L'incipit

    I primi due capitoletti, e un pezzetto del terzo, fino al primo spiffero di spoiler.
    1. Sebastiano

    Sebastiano era un bambino strano. Un bambino zitto.
    Sapeva parlare, ogni tanto parlava, però pochissimo. Quando parlava, parlava bene, però ogni tanto, a volte ogni tantissimo. Ma nessuno capiva bene quando.
    Era capace di dire tranquillo, all'improvviso: "Mamma, me le fai le patate fritte?"
    Oppure: "La maestra oggi non è venuta".
    Oppure: "Quanto manca a Natale?"
    Poi stava zitto per giorni. A volte settimane. Una volta un mese.
    Sorrideva anche poco e di rado, ma non era triste. Più che altro sembrava pensieroso.
    Quando aveva quattro anni la sorellina più grande un giorno disse alla mamma: «Bastian è contento quando guarda le formiche».
    Allora la mamma e il papà lo guardarono, ed era vero. Bastian nel terrazzino, accovacciato, fissava zitto una fila di formiche, e sorrideva tranquillo, appena un poco.
    Altre volte sorrideva appena un poco senza guardare niente, forse qualcosa che vedeva nei pensieri.
    Una volta sorrise molto, non un poco, davanti a un gatto a casa di una zia. Lo toccava e lo guardava fisso negli occhi, per lungo tempo. Allora i genitori gli comprarono due peluche, un gatto e un cane, ma lui non sorrise. Li guardò una prima volta e poi mai più.
    E così passavano gli anni, e Bastian cresceva tranquillo, zitto e pensoso.
    Finché un giorno arrivò il giorno di andare a scuola.





    2. Bastian

    Era la mamma che aveva cominciato a chiamarlo Bastian. Il nome vero era Sebastiano, ma lei ricordava un libro che aveva molto amato quand'era piccola, che raccontava di un bambino eroe di nome Bastian. Così, quando a scuola i bambini lo chiamarono Seba, la mamma parlò alla maestra e la maestra disse ai bambini:
    "Chiamatelo Bastian".
    I bambini lo guardarono e ubbidirono. Era normale per loro avere accanto bambini strani. Fin dalla scuola materna erano abituati alle maestre che dicevano: "è un bambino particolare, bisogna fare così e così"». Loro facevano così e così, e andava bene.
    Anche per Bastian andava bene. Se ne stava zitto, in mezzo a tutti questi bambini gran parlatori. Non si capiva se li ascoltava o no, perché non rispondeva. Però stava lì con loro, ed era tranquillo.
    Ogni tanto qualcuno si alzava, andava a sedersi vicino a lui, lo guardava disegnare.
    Bastian a scuola disegnava continuamente, e molto bene. Disegnava animali, solo quelli.
    Il compagno sedeva accanto e gli chiedeva: "È un opossum, vero?"
    Lui annuiva.
    "È molto bello, Bastian, sei bravo", diceva il compagno. Lui chinava lo sguardo, continuava il disegno e non diceva niente. Dopo un po' il compagno gli diceva ciao e correva via.
    Allora tutto tranquillo? No, non proprio.





    3. (Qui il titolo spiffererebbe)

    La mamma aveva parlato con le maestre, prima del primo giorno di prima primaria.
    Le maestre avevano detto: «Aspetti, chiamiamo anche la psicologa».
    La psicologa era venuta, avevano parlato, e la mamma aveva anche pianto un poco.

    "Abbiamo tentato tutto", aveva detto. "Abbiamo sentito tanti specialisti".
    Tutti dicevano cose un po' diverse, con nomi di disturbi e malattie. Dicevano mutismo selettivo. Dicevano sigle di lettere: BES, DSA. Dicevano autismo. Ma altri dicevano invece: autismo proprio no, non esageriamo. Altri ancora dicevano: forse errori genetici, quadro reso complesso dall'ipertricosi.
    "Ipertricosi?", dissero insieme maestre e psicologa, sgranando gli occhi. [...]

    E qui basta, il resto il libreria.
    Però c'è un seguito, forse un sequel. Chissà, un altro libro, fra qualche anno?




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    Questa pagina è stata creata il 6 novembre 2023 e aggiornata l'ultima volta il 6 novembre 2023


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